Vito
Tammone nasce a Potenza il 4 febbraio 1972. Da sempre attratto dall’immagine,
dal reale. Inteso come riflessione, contrasto, realtà. Cerca di
fare della macchina fotografica uno strumento destinato alla registrazione
del vissuto, del quotidiano, spesso in stridente contraddizione con l’uomo,
l’ambiente, la società.
Collabora come fotoreporter con il quindicinale Il Balcone, ha collaborato
con varie associazioni quali Multietnica, Generazione Zero, ha partecipato
all’edizione 2007 di Fight - Contrasti. Attualmente impegnato nella
pubblicazione di “Warszawa” un fotoreportage morfologico-sociale
interamente realizzato nella Capitale Polacca .
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Vito Tammone
Scars - Cicatrici
a cura di Carmen Laurino
Vito Tammone è uno di quegli artisti che vive
un rapporto di reciprocità con il proprio mezzo, l'obiettivo fotografico
diventa un naturale prolungamento del suo occhio.
L'estensione fotografica permette d'individuare in ogni suo frame un percorso
intimo e personale capace di creare una mappa storica e sociale che ci
consente d'imprimere nella mente i “paesaggi” che il tempo
ha usurato.
Le fotografie pertanto diventano strumento di documentazione ma anche
di partecipata condivisione esistenziale. “Passare” è
lasciare una traccia su quei luoghi che nell'immagine dell'artista diventano
vivi e autonomi, raccogliere lo sguardo, renderlo partecipato, divulgarlo
è l'obiettivo di Scars, una serie dedicata ad alcuni edifici abbandonati,
che lo stesso Vito che ci descrive:
Breve viaggio tra quel che resta di alcune fabbriche
abbandonate a forte impatto ambientale. Pezzi di cemento, metallo, tubi,
suppellettili, tutto quello che resta di fiorenti opifici un tempo brulicanti
di operai, esseri umani. Oggi muto ammasso di rottami indifferenti alle
co-scienze. Unico filo conduttore tra ieri e oggi le cicatrici...
Cicatrici che continueranno a vivere sulla carta,nella
memoria, per un attimo o per sempre, impresse nella retina o appese a
un muro...Come le cicatrici degli operai messi in libertà o vittime
di infortuni fisici, delle privazioni, delle soffe-renze, degli stati
d'animo, delle catene invisibili ma pesanti e sferraglianti che una fabbrica
sa legarti ai polsi..
Di quelle che ti portano via la libertà, la giovinezza, la voglia
di vivere e la luce del sole..
E ti bruciano una parte neurale per sempre...
E poi; ritrovarsi tra un cumulo di rottami e macerie ad immaginare i suoni
e i rumori, i cambi turni e le aspettative delle maestranze, e i cartelli,
le norme, gli ordini buttati fuori dai denti e le produzioni...
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