Nato
a Venosa nel 1964. Si laurea alla facoltà di Architettura di Napoli
nel 1997. Si occupa di arti visive dal 1988 utilizzando tecniche e linguaggi
della contemporaneità, dalla grafica alla pittura alla videoarte.
Con lo spirito giocoso e autoironico che lo contraddistingue, ha progettato
mostre e installazioni in varie luoghi: Andover, Bari, Cassano Murge,
Londra, Melfi, Matera, Marsico Nuovo, Napoli, Rionero in Vulture, Southampton,
Tramutola, Venosa. Fra i video realizzati: Natività elettronica,
Ridotto trittico di mare (video zen), Word-Word, Il ritorno del crociato.
I dipinti di Bruno sono riconducibili ad una serie ciclica di temi quali
l’identità personale, bernynavigator diventa B.N. ed è
un'unica icona a volte ben delineata a volte più evanescente ed
espressionista. La serie di motivi dedicati all’urbanistika, visioni
dall’alto di frammenti di città, bagliori, planimetrie immaginarie
lievemente delineate dalla modulazione segnica sulla superficie.
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Bernardo
Bruno
BERNYNAVIGATOR
testo critico di Gianrocco Guerriero
Sono essenzialmente tre, i filoni in cui si immerge la
ricerca artistica di Bernardo Bruno, classe 1964, architetto residente
a Palazzo San Gervasio. E tutt’e tre convergono in un “punto”,
come conviene ai percorsi esplorativi che nascono sotto l’egida
della vera arte.
Dunque, c’è quello dei “Bernynavigator”, firmati
“B.N.” in cui l’autore ritrae un “sé stesso”
immaginifico avvalendosi di linee ovali essenziali, monocromatismi forti,
pennellate che paiono colare sulla tela come lacrime. C’è
molta ironia, in questi “autoritratti” ispirati dal laboratorio
sperimentale di un fumettista nipponico, Takaschi Murakamy, ma anche tanta
forza espressiva che riesce a catturare lo sguardo dell’osservatore
facendolo indugiare, in cerca di un significato.
Poi c’è il filone dedicato all’ “Urbanistika”,
ove l’utilizzo dei colori acrilici su cartone telato ben si sposa
con la visione dinamica e, per così dire, “vitalistica”
degli agglomerati urbani che è propria dell’artista. Si tratta
di mappe bidimensionali di rioni e di città che, lungi dal rivelarsi
asettiche carte topografiche, lasciano magicamente trasparire la “personalità”
del centro urbano di volta in volta immaginato: gioie, sofferenze, delizie,
incubi: il flusso delle automobili è una linfa di luce che porta
ovunque il “nutrimento” dell’informazione, i rioni sono
organi, le case tessuti. La città, in breve è un organismo.
E Bernardo Bruno è il medico che la visita, ne ricava radiografie
e diagnosi; e finanche esami autoptici, quando necessario.
In tale prospettiva, merita una menzione particolare l’opera intitolata
“Spazio urbano fecondato”: in essa, una “zona verde”
dall’evidente forma fallica, è fagocitata da una fitta regione
urbana in cui alcuni degli isolati assomigliano a neuroni con tanto di
sinapsi, mentre altri a spermatozoi che scuotono un lungo flagello: si
tratta, appunto, della “vita” che Bruno intende iniettare
in quelle geometrie di cemento ferro ed asfalto che tanto sconcertano
la sua sensibilità
Infine, c’è la sezione dei “Bernynavigator Voyage”,
che ha origine da una esperienza londinese dell’artista, a tal punto
impressasi nella sua coscienza (e, forse, soprattutto nel sub-conscio)
da essere stata elaborata e reinterpretata nel corso del tempo fino a
riuscire a restituire l’essenza più profonda di quei luoghi,
di quel “modus vivendi” e di quella cultura. Il flusso vitale
delle linee metropolitane, è in particolare al centro dell’attenzione
del pittore, il quale è affascinato dai nodi e dalle maglie di
quel groviglio di binari che, dietro un apparente caos, cela una logica
che si può cogliere solo con strumenti sottili.
E così arriviamo anche al dunque; ovvero al fulcro attorno a cui,
quantomeno a giudizio di chi scrive, gravita tutta l’opera di Bernardo
Bruno: ovvero, la riduzione della rigidità della geometria metrica
nella plasticità propria della topologia. Ecco, allora, come i
mille ghirigori delle linee ferroviarie sotterranee trovano la loro linearità;
e come gli spazi urbani riescono a trascendere la mera materialità
dotandosi di un’ “anima”; ed infine come gli stessi
tratti di un volto, del proprio volto, possono riemergere dopo aver attraversato
un filtro che annulla proporzioni e forme e conduce agli archetipi stessi
della rappresentazione figurativa.
Ma, tutto questo, Bernardo lo fa inconsapevolmente. Ed è giusto
che sia così. Poiché, l’altra via cui accennavo, grazie
alla quale è possibile estrarre un significato dal caotico fluire
delle cose nello spazio e nel tempo, è proprio quella dell’arte.
E solo chi riesce a percorrerla senza cedimenti, può essere considerato
un vero artista.
Bernardo Bruno, di riconoscimenti, finora, ne ha avuti tanti. La sua continua
ricerca, che si inoltra nei territori più innovativi del settore,
dalla grafica all’utilizzo della multimedialità, non potrà
che procurargliene di sempre più gratificanti.
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