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Il processo immaginifico della visione:
Netmage 2007 (festival delle arti elettroniche Bologna 25-27 gennaio
2007)
di Carmen Laurino
Netmage è il punto sincretico di un’immaginazione
che si prolifera attraverso la visione, rappresentata dalla tensione tra
l’osservare e l’osservato, una forma di metacomunicazione
che si traduce nel “farsi vedere” che altro non è che
sviluppare qualità sensitive fondate sulla percezione dello sguardo,
del trasformarsi oltre il soggetto in visione, del mutarsi in vedere,
in cosa che vede .
Siamo di fronte ad un metodo di osservazione ”polifonico”,
ci si rende conto di assistere non più a qualcosa di statico, ma
qualcosa che si è trasformato a sua volta in soggetto, un soggetto
che compartecipa a tutta una serie d’indicatori .Nell’era
del post media l’interazione degli “espansori di massa”
si celebra grazie alla concretizzazione dell’evoluzione tecnologica,
oggi grazie alle interfacce digitali si può registrare, riprodurre
ed elaborare in tempo reale facendo interagire il corpo naturale dell’uomo
con il corpo tecnologico delle macchine ridefinendo l’idea antropocentrica
dell’uomo sempre più re-introdotta nella ricerca di una nuova
percezione ed espansione dell’uomo sulla terra che va oltre i parametri
fisici e temporali, sfidare lo spazio e il tempo è il concetto
che permane “l’homo tecnologicus”.
La ricerca estetica è sempre più predisposta
alla realizzazione di percorsi interattivi che variano dalla creazione
di ambienti sonori a simulazioni sinestetiche tra danza musica poesia
e cinema; Si cerca di realizzare quel concetto ambito da più di
un secolo di opera totale, sempre più improntato sulla logica dell’evento
della teatralizzazione e della spettacolarizzazione che rielabora i parametri
spazio-temporali della fruizione, il luogo della proliferalizzazione delle
immagini non è il cinema, non è il museo ma diventa il “non
luogo”uno spazio che non definisce e non si autodefinisce.
Audace è anche il coinvolgimento dello spettatore
che diventa organico nella sostanza espressiva e comunicativa dell’opera,
lo sviscera da una fruizione passiva e produce una figura ibrida “lo
spett-attore”sempre più protagonista, sempre più vivo,
s’immerge con quasi tutti i sensi interagendo percettivamente ed
operativamente.Ma l’uomo è ancora analogico si scontra con
il proprio tempo e Netmage rappresenta un simulacro di visione, una materia
distensiva che penetra nell’osservatore evocano lo “straniamento”
di uno”spettacolo-spettatore” ancora sgrammaticato sul divenire
dell’opera, ciò che si registra è uno snaturato senso
dell’attesa- attesa di concretizzazione-;
Per circa un secolo e poco più l’immagine riprodotta ha raccontato
narrativamente un’epoca, una storia, un personaggio, ma nei gangli
di un divenire contemporaneo il sovraffollamento d’immagini stranisce
la sostanza, si può solo parlare di un’estetica della visione,
dove l’attenzione viene posta sul singolo frame (creando quello
che è una frammentazione del totale?) contraddizione di ciò
che l’arte elettronica professa dove il senso di opera totale viene
negato in sé. Netmage presenta il proprio percorso tra live-cinema
e live-media; l’attenzione posta sul divenire live apre un nuovo
linguaggio che rievoca dallo stato primordiale del cinema alla nuova era
del post-media.
L’accompagnamento musicale dal vivo delle immagini
riconduce ai jazz film degli anni venti, mentre il digitale apre tutto
un percorso di facilitazione della messa in scena, mentre inizialmente
potevamo osservare l’orchestra che accompagnava la narrazione, oggi
siamo di fronte alla coagulazione elettronica tra musica e video tutto
racchiuso in un “Quadrato bianco su fondo nero”(pensando a
Malevich) elementi che si necessitano vicendevolmente allenando la mente
produrre un nuovo sentire, i suoni (perché per molti versi non
si può parlare di melodia) i rumori creano atmosfere assordanti
che accompagnano lo stato di semincoscienza delle immagini, sia quando
queste rappresentano movimenti astratti di luce e colore (sinfonia per
musica visiva alla Ruttman ed Eggeling mi viene in mente) sia quando si
attengono ad una forma di narrazione più cinematografica, siamo
di fronte al tentativo di costruzione di un nuovo linguaggio, non è
cinema non è videoarte, non è musica, non è tutto
ciò che culturalmente abbiamo categorizzato ma siamo ancora protagonisti
di una confusione mediatica che dovrebbe indurci alla creazione di processi
che si autodefiniscano… intanto osserviamoci nel divenire. |