Marc Qinn, Southpole, 2005 (olio su tela)


Katharina Fritsch, Kerzenstander 1985 (metallo dipinto, ottone, candele)


Dongwood Lee, Untitling (seeing),2005 (argilla polimerica)


Liliana Moro, Underdog, 2005 (sculture in bronzo)


Anneè Olofsson The conversations 2005 (installazione ambientale)


Tim Hawkinson, Self-portait 1990 (scultura in piombo)

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

Egomania: a Modena ci si mette a nudo.
EGOmania: Just When I Think I’ve Understood… Appena ho capito d’aver capito…

di Alessandra Cirimondo


29 gennaio - 2 maggio 2006,
Palazzo Santa Margherita, Palazzina dei Giardini, Modena.


Basta parlare di me, parliamo di voi. Che cosa pensate di me?
Da “L’idiota”di F. M. Dostoevskij


Chi sono? Come mi vedo? Chi mi vede?
Chi di noi non riconosce in sè o negli altri delle tendenze insolite che spesso cadono in forme morbose di dipendenza? Chi nel quotidiano non ha delle piccole manie? La risposta non può che essere affermativa. Nell’esasperazione del rituale, si avranno dei modelli comportamentali che danno l’input verso un’interessante riflessione sul costume e sulla società occidentale.
Ora, sarà opportuno chiedersi come poter mettere in scena le nostre nevrosi, le contraddizioni, il nostro egocentrismo?
Il caro Freud avrebbe risolto tutto con una psicoanalisi indicandone la soluzione nel “Complesso di Edipo”, ma si potrebbe scegliere di vedere a Modena le opere di artisti che si sono messi in gioco grazie ad una sorta di autoanalisi dichiaratamente introspettiva.
Il frutto è EGOMANIA, una collettiva che parte da un viaggio dentro sè stessi, per portare in superficie le manie di un “super Io” raccontate attraverso sottili metafore. L’opera d’arte nella sua concretizzazione e concretezza funziona come l’ultima tappa di questo procedimento di autocoscienza, mosso dalla volontà di farsi giustizia da soli (diremo, senza essere sacrileghi, che in questo caso il vecchio Freud potrebbe andare in pensione!).


L’ego impregna le opere sino a parlarci ed a riecheggiare nelle stanze del Palazzo Santa Margherita e della Palazzina dei Giardini. Questo avviene in modo delicato, non violento, graduale e non c’è posto per la volgarità. Tutto appare fortemente dialettico e referenziale.
Nel dubbio amletico gli artisti decidono di “essere”, anzi di “esserci”, e di rappresentare uno spettacolo che non finisce ma prosegue nel visitatore per empatia. Si ha la tentazione di fare il calco delle proprie manie, costruire un identikit, prendere le impronte digitali. In EGOMANIA c’è eclettismo ma all’interno di un disegno unitario che propone diverse tecniche e diversi generi quali: sculture, disegni, installazioni ambientali e video arte.


Le opere di ogni artista sono state presentate mediante delle frasi significative col fine di permettere al visitatore una riflessione sul tema.
Marc Quinn (Inghilterra) guidato da un super-realismo fotografico e luminoso, riveste delle immagini di fiori di un forte erotismo quasi morboso. Le sottopone ad un ingigantimento che ne mostra dettagliatamente le iridescenze, le venature, le escrescenze. Il fiore caratterizzato da una limpidezza vitrea si trasforma in un grande organo riproduttivo.


Nella stanchezza senza soccorso in cui il povero volto si dovette raccogliere tumefatto, come in un estremo recupero della sua dignità, parve a tutti di leggere la parola terribile della morte e la sovrana coscienza dell’impossibilità di dire: Io. (Carlo Emilio Gadda)
Ugo Rondinone sintetizza la centralità dell’Io in immagini centriche e pulsanti, grandi forme circolari fluorescenti che suggeriscono forze centrifughe e centripete secondo la concezione dell’optical art.


E’ impossibile. Si vive come si sogna-soli… (Joseph Conrad)
Katharina Fritsch (Germania) racconta la difficoltà di relazionarsi con gli altri attraverso l’installazione di alti candelieri neri che formano una svastica. E’ chiaro il riferimento al nazismo come prodotto di una visione distorta della realtà da parte del dittatore impegnato ad autocelebrare sè stesso.


We can be Heroes, just for one day. (David Bowie, Heroes)
Dongwook Lee (Corea) propone un mondo lillipuziano popolato da piccole figure umane impotenti e glabre, tenute sotto vetro in asfissia insieme a dei frutti secchi. Lee cosi facendo vuole descrivere l’impatto con la società occidentale racchiusa in mille nevrosi, una concezione occidentale dell’Io.


O nulla sconosciuto, o nulla sconosciuto! In verità l’anima non può godere di una vista più bella in questo mondo che osservare il proprio nulla starsene nella sua prigione. (Angela Da Foligno)
Liliana Moro suggerisce un meccanismo di autolesionismo creando delle sculture in bronzo che rappresentano un cane da combattimento in tre pose diverse.


“Tu hai vinto” mi disse “ed io cedo. Ma tu pure, da questo momento, sei morto, sei morto al Mondo, al Cielo, alla Speranza! In me tu esistevi- e ora nella mia morte, in questa mia immagine che è la tua, guarda come hai definitamene assassinato te stesso”. (Edgar Allan Poe)
Hanne Darbonen (Germania) esprime l’impossibilità della comunicazione con il mondo esterno chiudendosi all’interno di un proprio codice non verbale ma numerico, realizzato secondo una propria logica e difficilmente comprensibile.


Fammi guardare un occhio umano; è meglio che guardare nel mare o nel cielo; è meglio che guardare in Dio.
(Herman Menville)

Anneè Olofsson (Svezia) riveste ossessivamente intere pareti di carta da parati a tema floreale, inserendo la sua immagine in ascolto della voce fuori campo della madre. L’intento è di inscenare un teatro familiare, dove si ripetono gli stessi elementi e gli stessi gesti, sino a sfogare in una fuga dal mondo ed un eccessiva chiusura in sè stessi.


Ho memorizzato la vita di mia madre e, come in una commedia, la metto in scena ogni mattina di fronte allo specchio per un’ ora…In momenti di passione cesso di esistere, non sono più me stesso ma lei. La interpreto così bene che le mie passioni svaniscono e solo le sue resistono. (Milorad Pavic)
Tim Hawkinson (Stati Uniti) ha presentato un autoritratto dal ginocchio in giù. Egli pone come unico oggetto sè stesso ed entra in questo processo di esaltazione dell’ Io, fino a frantumarlo con un fare ironico. L’autoritratto dei piedi indica i limiti della propria individualità.


Moltitudine, solitudine: termini equivalenti e convertibili per il poeta attivo e fecondo. Chi non sa popolare la sua solitudine, non sa neppure restare solo in mezzo a una folla indaffarata. (Charles Baudelaire)
Altri artisti: Marc Camille Chaimowics, Roberto Cuoghi, Mike Kelley, Rory Macbeth, Bjorn Melhus, Naneum, Markus Schinwald.
Si è voluto coinvolgere artisti di generazioni e nazionalità diverse.