Antonia Tricarico
Silent Body

08-30 Marzo 2013


inaugurazione venerdì 8 Marzo 2013 ore 18.30
testo di presentazione di Daniela Rosa

La mostra sarà visitabile fino al 30 Marzo il lunedì
(h 11-13), durante gli eventi in programma al Cecilia
o su appuntamento (tel: 389 8185034/ 0971 798342)

Arte è rivoluzione/ Art is revolution di Daniela Rosa

"Cara Eva, l’augurio che rivolgo a te è che non ci sia mai più un 8 marzo da festeggiare né qualunque altra data che ti renda omaggio, poichè l’essere donna non è una ricorrenza, tantomeno una questione. Perché ti festeggiano? Per ricordare forse che esisti ed hai uguali diritti? Da quando hai colto la mela del peccato, ti è stato affidato un ruolo che non hai mai scelto: è questa la colpa che grava su di te e da cui devi riscattarti. Ti maltrattano. Cosa temono? La tua natura o forse il tuo potere di trasformazione. Si perché trasformando il tuo corpo, dando la vita, diventi doppia, dunque più forte. “Non senti che mentre il male veste gli uomini di rabbia rendendoli forti il bene ti sveste rendendoti fragile?” La tua fragilità verso cui tanti si scagliano è il tuo dono più grande. Leva la maschera, perché chi te l’ha messa riveda se stesso, mostra la tua ferita senza vergogna. Tu hai molto potere di scelta, solo non lo sai. Fuggi , cerca riparo, chiedi aiuto, scegli qualcuno che ti difenda, bussa alla porta e va in cerca della tua vera casa. Ciò che non vedi o non riesci a vedere è solo ciò che non conosci, che ignori. C’è gente ovunque capace di aprire i tuoi occhi. La violenza è disprezzo, a volte picchia forte, altre si traveste di familiarità e piega al ricatto, all’inganno e alla dipendenza. Diventa veleno. Non denunciare con le armi della vendetta e della prevaricazione, tu non sei più forte di un uomo, sei differente, non identificarti con lui. Non senti il coro di voci che si sta alzando da ogni dove? Non senti come il vento cambia direzione?"


Il Cecilia centro per la creatività di Tito presenta Silent Body, il lavoro fotografico di Antonia Tricarico. Autrice di importanti esposizioni in Italia e all’estero, foto archivista per Lucian Perkins e collaboratrice per numerose case discografiche americane, Antonia Tricarico denuncia con i suoi “ritratti” la violenza fisica, verbale e psicologica che sulle donne pesa come colpa e come minaccia. Le maschere sui loro volti diventano il simbolo della vergogna di chi è costretto a portarle, della vigliaccheria di chi le impone per non rivedere se stesso e soprattutto dell’ipocrisia di quanti le fabbricano, generando vittime e carnefici.

Come lei stessa dice è un appello rivolto alle donne non ad emanciparsi, bensì a liberarsi da una colpa che negli estremismi politici e religiosi, nella famiglia e nello stesso dualismo cattolico, Madonna/Prostituta, perpetua una rigidità che separa e disperde. Un invito all’unità tra uomo e donna come unica via di conciliazione, un rinnovato sentire dinanzi al quale crollino i tribunali pubblici. Animata da passione documentaristica che la vede in giro per il mondo, Antonia è testimone di impegno sociale e voce importante della fotografia di reportage. In un momento di così grandi stravolgimenti storici, culturali e politici, il suo lavoro ci esorta a non smettere di porci domande sul ruolo delle donne nella famiglia, nel mondo del lavoro, della politica, della cultura e dell’istituzione ecclesiastica. L’augurio potremmo dire di un post femminismo, una rivoluzione del pensiero fondata su una corretta informazione e sull’educazione al senso civico e alla sessualità.

Lo sguardo di Antonia Tricarico getta luce sul processo di demonizzazione della donna nel corso dei secoli, come sui ruoli, gli schemi, gli stereotipi in cui ancora oggi appare costretta ed esprime un’ansia di liberazione. La stessa che sprigiona oggi da una danza simbolica in cui si uniscono le donne di tutto il mondo, immagine eloquente che contrasta con quelle di caste ed eserciti. E l’immagine fa riflettere e talvolta ispira e anticipa le conquiste del progresso. In tal senso le parole di Henri Cartier Bresson risuonano quanto mai significative: “la fotografia mostra e non dimostra”. Gli scatti di Antonia Tricarico chiamano a riflettere sul valore dell’arte, che prima ancora di essere forma e tecnica, è libera espressione del pensiero. In un Sud Italia, dove la disoccupazione femminile è più che altrove una piaga sociale, Cecilia sceglie di ospitare il lavoro di un’artista che con la forza della sua fotografia spinge nella direzione di un profondo rinnovamento.

Immagino la violenza che arriva quando meno te lo aspetti, a casa, per strada, sul bus, sotto ponti umidi o sottopassaggi maleodoranti, in piazze deserte o bagni di discoteche assordanti.
Immagino il terrore misto a stupore, quella sensazione che abbiamo provato tutte almeno una volta nella vita anche solo come minaccia per alcune e, purtroppo, come realta’ per altre.
Immagino che chi svolge l’azione abbia occhi bendati ma non e’ vero, piuttosto credo che poggi una maschera su quel volto per non specchiarsi, non riconoscersi.
Immagino che l’empatia tolga il gusto e ne delinei i contorni fin troppo crudi aiutando se stesso a dire “non ero io in quel momento”.
Immagino il tuo corpo disorientato e ancora spezzato, carne fresca avvolta in plastica trasparente, pronto da esibire nei tribunali pubblici, ripetitive le parole, si susseguono e per incanto, passando da una bocca all’altra , inevitabilmente, non dicono niente.
Antonia Tricarico

Antonia Tricarico e’ una fotografa che ha vissuto negli Stati Uniti per dieci anni lavorando come foto archivista per Lucian Perkins (fotografo del Washington Post e vincitore del premio Pulitzer) e collaborando con case discografiche indipendenti americane quali Tolotta Records, Kill Rock Stars, Dischord Records. Le sue foto fanno parte della collezione permanente dello Smithsonian Institution’s National Museum of American History in Washington,DC. Pubblicazioni variano da Oregonian a Kerrang, riviste di musica americane e le sue foto sono state esposte negli Stati Uniti, Europa, Giappone e India.
www.antoniatricarico.com